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La nascita dell'ospedale di Sondrio e le vicende dell' 800

CULTURA E SPETTACOLO - 23 03 2020 - Ivan Bormolini

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/ORTOGRAFIA DELL'OSPEDALE DI SONDRIO GIACOMO MORAGLIA 1822
ORTOGRAFIA DELL'OSPEDALE DI SONDRIO GIACOMO MORAGLIA 1822

(Prima parte di I. Bormolini) Ci siamo lasciati venerdì con qualche breve cenno sulle vicende su alcuni ospedali della Valtellina nell' 800. In questi tempi dove la pandemia di coronavirus ha modificato la nostra rete ospedaliera e Sondrio è divenuto il fulcro delle cure per i malati per fortuna non colpiti dal Covid 19, analizziamo la sua storia.

 

A Sondrio nel 1821 un comitato di cittadini benemeriti si era fatto portavoce dell'iniziativa per costruire un nuovo ospedale.

Considerando i generosi lasciti della nobile Marta Pelosi e dell'arciprete di Sondrio Andrea Sertorio, si era subito passati dalle parole ai fatti grazie anche al benestare del governo austriaco.

Il 29 giugno 1822, con commovente e religiosa solennità la prima pietra.

Su progetto dell'architetto Giacomo Moraglia di Milano, era sorto ad oriente della città il nuovo complesso comprendente l'attuale e maestoso pronao d'entrata a quattro colonne in granito della Valmalenco.

Tuttavia nonostante le donazioni, per carenza di finanziamenti l'opera procedeva a rilento e nel 1825 i lavori venivano interrotti.

Il cantiere riprendeva nel 1835 e quando l'anno successivo in Valtellina si andava diffondendo la prima ondata di colera, la struttura non era ancora pronta. Vi si era potuta approntare solo una corsia per il ricovero dei colerosi.

 

Nel gennaio del 1837, seppur in via sperimentale, la struttura veniva finalmente aperta,

ciò avveniva grazie ad alcuni legati di cittadini e sacerdoti oltre al diretto interessamento dell'imperatore Ferdinado I.

Nel 1840, il lascito dell'intero patrimonio del podestà di Sondrio, il nobile Omobono Pelosi, pari a tremila zecchini d'oro ( lire austriache 375.000 ), si era giunti al completamento dei lavori e all'arredamento dei locali.

L'edificio veniva definitivamente ultimato nel 1850 con le opere di ampliamento disegnate dagli architetti Ambrogio Tagliabue e Giuseppe Sertoli.

 

Nel periodo sperimentale, l'amministrazione veniva affidata al sacerdote Cristoforo Longoni. Oculato amministratore ecclesiastico era stato dal 1850 l'arciprete Antonio Maffei ( 1805-1861 ), il quale era anche insegnante di lettere all'Imperial Regio Ginnasio di Sondrio e studioso di storia della Valtellina.

Dunque sino alla legge del 1862 del nuovo Regno d'Italia, l'amministrazione dell'ospedale era rimasta nelle mani dell'arcipretura di Sondrio. La citata legge interveniva sul sistema di amministrazione della beneficenza pubblica.

 

Il primo direttore sanitario era stato il dottor Giovan Battista Ferrari, figlio di Pietro Martire, che come avevo citato nella scorsa puntata, aveva curato i malati di vaiolo nel 1817.

Il direttore così come i primari, dovevano essere di nomina regia ed erano stipendiati dallo stato.

Il governo comunque era disposto ad accogliere la disposizione di persone che volevano assumere gratuitamente questi incarichi; lo stesso dottor Ferrari aveva aderito a questo invito e per alcuni anni aveva svolto gratuitamente la sua opera di direttore facente funzione.

L'ospedale aveva una capienza massima di 80 posti letto, distribuiti lungo due ampie corsie laterali che partivano da un nucleo centrale e terminavano con due ali, una est e una a ovest, ortogonali con le corsie stesse.

Erano adibite a camere d'isolamento e a sale di visita e medicazione; ogni corsia era di m. 20x8, alta 7 metri, con ampie finestre esposte a sud alte sino quasi al soffitto, la capacità era di trenta posti letto.

Solo nel nucleo centrale c'era un piano superiore dove erano ubicate le camere operatorie, il primo chirurgo dell'ospedale era stato il dottor Castelli.

 

Degli ottanta posti letto virtuali, in realtà solo cinquanta agibili, con un'occupazione del 50%, “il numero adeguato giornaliero degli infermieri distinti tra maschi e femmine è di venticinque circa”.

Nelle camere di isolamento venivano ricoverati i malati contagiosi e i “maniaci in osservazione”.

Nei primi cinque anni di attività dal 1837 al 1841, la pianta organica del personale risultava così composta: un direttore, un medico primario, un chirurgo primario che aveva anche le funzioni di ostetrico, due medici chirurghi secondari, un farmacista, un capo infermiere, due infermieri maschi e due infermiere.

Lo stipendio era di 900 lire all'anno al direttore, 500 lire ai primari e 250 lire al medico secondario, assunto a tempo determinato per due anni. Un secondo medico secondario veniva assunto a titolo gratuito per maturare esperienza.

 

Per il capo infermiere la busta paga era di 200 lire sempre annue, 180 all'infermiere di sesso maschile e 144 all'infermiera.

Questi stipendi però erano definiti miseri ed inferiori rispetto a colleghi di altri ospedali lombardi, si evince infatti che nel 1848 il direttore dell'ospedale di Chiari riceveva uno stipendio di 1200 lire annue e quello dell'ospedale maggiore di Brescia 2400 lire, oltre all'alloggio, legna e lumi.

Va detto che il nostro ospedale aveva scarse entrate, la rendita netta annuale era di 14.000 lire, questa era appena sufficiente per il mantenimento e la cura dei malati poveri.

Pur concedendo l'autorizzazione alla costruzione e considerando che probabilmente lo stesso imperatore aveva devoluto una somma, il governo austriaco, non prevedeva sovvenzioni governative per la conduzione degli ospedali.

Queste strutture dovevano garantire piena autonomia attraverso lasciti e donazioni private; il regolamento dell'ospedale prevedeva infatti “ giuste le intenzioni e i precisi ordini dei Pii Fondatori Benfattori, il ricovero gratuito degli infermi miserabili del Comune”. Venivano però anche ammessi “infermi di questa o di altre provincie e militari di ogni arma”.

 

Per l' ospedale di Sondrio ne era stato esempio tra gli anni 1849 e 50 un'epidemia di oftalmia che aveva colpito le imperial regie truppe, in quel frangente si era riempito l'ospedale di soldati e tutti gli ottanta posti letto venivano occupati.

Verso il terminare degli anni cinquanta dell' 800 gli ospedali lombardi erano un centinaio, di cui una ventina nei comuni urbani e i rimanenti nei comuni rurali.

In questa classifica l'ospedale sondriese era urbano provinciale, il dispaccio governativo n° 7138 datato primo febbraio 1845 lo aveva incluso come “Spedale di II categoria”, lasciando come già prima accennato, ampia autonomia all'amministratore unico ovvero l'arciprete, il tutto era alla stregua degli ospedali rurali.

 

Ecco dunque una diatriba tra sondraschi ed il governo austriaco: i primi non erano assolutamente propensi al tipo di classificazione ed il 28 maggio 1858, inviarono una supplica all'Imperial Regio Ministro all'Interno di Vienna. Nella stessa missiva si chiedeva che il grandioso ospedale di Sondrio venisse annoverato tra i nosocomi generali della Lombardia, ecco alcune parole:

“ Il nosocomio della R. Città di Sondrio è da ritenersi generale perché ammette ammalati secondo il loro bisogno senza distinzione se indigeni o forestieri e presta loro completa cura colla assistenza materiale che col mantenimento compreso il ricovero medico”.

Inoltre ammetteva tutti i tipi di malati eccetto i cronici incurabili, e quindi i malati ordinari ( acuti ), i sifilitici, gli idrofobi, gli scabbiosi, i tignosi, i pazzi e le puerpere.

La petizione veniva accolta il 3 maggio 1858, l' I. R. Luogotenente dichiarava l'ospedale di Sondrio “Noscomio generale”.

Ma sulla storia di questo ospedale, si erano abbattute nuove nubi; nel maggio del 1866 il Decreto reale di Vittorio Emanuele II approvava il nuovo Statuto dell'Ospedale Civile di Sondrio e per ciò che concerneva il personale sanitario, si trattava del personale sanitario che si vedeva ridimensionato rispetto al primitivo organico del 1837.

 

“Il personale sanitario addetto agli ammalati, consiste in un Medico Primario f.f.di Direttore Residente, di un Chirurgo Primario anche medico, di una Priora incaricata anche del Guardaroba, di un Infermiere, di una Infermiera... Il Medico Primario f.f. Di Direttore tiene residenza nello Stabilimento di giorno e di notte e ha diritto a legna e lumi”.

Dunque scomparivano le figure del direttore sanitario a tempo pieno, gli assistenti ovvero medici-chirurghi secondari, il farmacista e l'infermiere capo; il corpo degli infermieri era ridotto a due, mentre per il rientro in organico del farmacista, va ricordato che questo professionista veniva nuovamente introdotto solo alla fine degli anno 60 del 1900.

Tale ridimensionamento, era probabilmente dettato dal voler risparmiare, infatti la rendita annua dell'ospedale era scesa a 13.500 lire ed anche i lasciti e le donazioni scarseggiavano.

Ci si trovava davanti ad un nuovo statuto: l'amministrazione economica era affidata ad un amministratore nominato dopo un concorso pubblico dal consiglio comunale di Sondrio.

 

Questa figura, era sotto il controllo del Consiglio dei Revisori e Sorveglianti composto da un assessore municipale direttamente nominato dal sindaco, e da quattro cittadini fra i più esperti ed aventi domicilio in città, la loro nomina avveniva in consiglio comunale.

Oltre alla parte amministrativa, era compito del consiglio comunale di nominare il direttore, il chirurgo ed il ragioniere economo previo avviso di concorso.

Queste figure dovevano essere riconfermate dopo tre anni, per poi poter essere assunte a tempo indeterminato.

Lo statuto dell'ospedale di Sondrio, contrariamente alle disposizioni della maggioranza di altri ospedali cittadini, non prevedeva il ricovero dei malati cronici anche se residenti nel comune ed anche se considerati miserabili. Si era però individuata una sorta di scappatoia: “però se vi è la possibilità di guarire, se vi è posto, questi possono essere accettati per un determinato tempo in via di esperimento”.

 

L'ospedale garantiva il ricovero e la cura per le malattie acute, ecco le modalità:

“..Ai soli infermi poveri appartenenti alla città e comune di Sondrio dietro prestazione della fede di miserabilità. Saranno pure ammessi gli ammalati poveri appartenenti ad altro Comune di questa ed altre provincie che si trovassero accidentalmente per lavori od altri lavori in questa città, a carico dei propri comuni. Si accettano pure militari, carabinieri, le guardie doganali e dell'ufficio di Pubblica Sicurezza, dietro il corrispettivo stabilito dalle superiorità. Vi saranno pure accolti gli indigenti venerei appartenenti ad altri Comuni della Provincia, a spese dei loro comuni. Saranno ricoverati anche coscritti di leva inviati dalle Commissioni in osservazione e i detenuti provenienti dalle carceri”.

I malati contagiosi erano erano ricoverati in appositi locali sotto sequestro; gli affetti da pazzia venivano alloggiati in locali appositi nell'attesa di essere trasferiti nei manicomi fuori provincia.

Una particolare distinzione che oggi possiamo definire riflessione veniva fatta sui bambini:

“I fanciulli che non abbiano compiuto i dodici anni non sono ammessi se non nei casi meritevoli di particolari considerazioni, come ad esempio la mancanza dei genitori, le malattie contagiose, quelle in cui urgente sia il bisogno di pronto soccorso e simili”.

 

Per ciò che concerne le cronicità precedentemente accennate, l'ospedale iniziava a ricoverare questi pazienti grazie a dei fondi appositi.

Nel 1877, gli eredi del Nobile Ing. Giuseppe Sertoli donavano 500 lire; questo era “il primo fondo da destinarsi a un comparto in favore dei cronici poveri del comune per i quali la carità cittadina non ha finora provveduto”. Nel 1883, si aggiungeva a tale scopo la fondazione Botterini de Pelosi con una somma di 30.000 lire.

I malati cronici erano però sempre una minima parte, la loro accettazione e ricovero, risultava strettamente legata a quanto concesso dalle relative fondazioni.

I cronici permanevano in ospedale per mesi ed addirittura per anni; ad attestare questo ed anche il costo, vi è una testimonianza risalente al febbraio del 1889.

Con una delibera dell'amministrazione si stabiliva di inviare da quella data in poi il conto al comune di Sondrio inerenti alle spese di degenza di un tale Mainetti Costante ricoverato ininterrottamente dal marzo 1885.

Con un'altra delibera, datata 4 dicembre 1887, si stabiliva che potevano essere ricoverati anche i non poveri ( residenti nel comune ) con il pagamento delle spese relative.

 

Con questa l'ospedale di Sondrio apriva le porte anche ai paganti iniziando un processo di espansione ospedaliera. Questa si andava completando in pieno 900 con l'introduzione delle assicurazioni sociali. In tal modo e con tali provvedimenti, si giungeva alla fine della concessione elemosiniera dell'assistenza sanitaria.

Ci ritroveremo domani con altre vicende inerenti a questo nosocomio a partire dai primi del 900.

 

FONTE: STORIA DELLA MEDICINA E DELLA SANITA' IN VALTELLINA. Dalla peste nera europea alla seconda guerra mondiale ( 1348-1945 ). Autore Pierluigi Patriarca. Società Storica Valtellinese. L'officina del libro editore. Stampa: finito di stampare nel mese di novembre 1998 dalla Tipografia Bettini Sondrio. Anche l'immagine di copertina è tratta dalla stessa fonte Ortografia dell'ospedale di Sondrio Giacomo Moraglia 1822 

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