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La Ferrovia del Bernina: verso il Bernina Express

CULTURA E SPETTACOLO - 15 01 2021 - Ivan Bormolini

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/IL VIADOTTO DI BRUSIO
IL VIADOTTO DI BRUSIO

(Terza ed ultima parte di I. Bormolini) Anche gli anni del secondo dopoguerra testimoniano gli sforzi messi in atto dalle Ferrovie Retiche per un radicale miglioramento della linea del Bernina, tra questi ricordiamo i principali: nove delle diciassette automotrici erano state sottoposte ad una radicale trasformazione atta a elevare la loro potenza a 600 Cv che nel secondo periodo degli anni Settanta era ancora in circolazione. Purtroppo la l'automotrice n° 33 non aveva potuto essere soggetta a tali modifiche, la stessa che aveva una capacità di traino di 40 tonnellate era andata distrutta in un incendio in data 8 maggio 1962.

 

Oltre alle operazioni elencate si procedeva al potenziamento degli impianti elettrici ad alta tensione, mentre i fabbricati delle stazioni di Campocologno (1946/47) e Poschiavo (1962) venivano ricostruiti ex-novo.

Nel 1964 si scriveva un ulteriore e nuovo capitolo di questa strada ferrata con l'inizio della fornitura di nuovi mezzi di trazione.

Nel settembre di quell'anno entrava in servizio l'automotrice n°41, prototipo di una serie di macchine dalle prestazioni notevolissime e con capacità di traino pari a 65 tonnellate data dalla loro potenza di 960 Cv. Grazie alla possibilità di fruire dell'accoppiamento multiplo tra questi mezzi era possibile trainare carri sino a 130 tonnellate.

Nel 1967, entravano in servizio due nuovi spartineve rotativi di enorme potenza, a cui si univano nell'anno successivo quattordici nuove carrozze a carrelli in lega leggera con capienza di 48 posti e del peso di 12 tonnellate.

 

Unitamente a questa flotta si aggiungevano le locomotive n° 801 e 802, che si cita all'epoca della fonte consultata risalente alla fine del 1977, “ sono tuttora rimaste in Europa, uniche nel loro genere”.

La parte elettrica di questi mezzi era analoga a quelle delle automotrici serie 41/49, con le quali potevano essere collegate in comando multiplo. Le nuove, erano dotate di un motogeneratore diesel con potenza pari a 1200 Cv che consentiva di viaggiare anche senza corrente.

Grazie a queste macchine era stato possibile nell'estate del 1969 l'istituzione dello storico “Bernina Express” che assicurava nei mesi estivi un collegamento diretto tra Tirano e Coira evitando il cambio del mezzo di trazione a Pontresina.

Il Bernina Express è la tratta ferroviaria più alta delle Alpi, collega il Sud e il Nord Europa in modo a dir poco spettacolare.

 

Come sappiamo, ricordando i vari festeggiamenti, dal luglio 2008, il Trenino Rosso del Bernina è entrato a far parte del Patrimonio Mondiale Unesco; se indaghiamo nella storia passata, recente ed attuale, possiamo dire che il Trenino Rosso, è un grandioso valore anche per la nostra città e per i tanti sforzi sapientemente messi in atto per fare di Tirano una città turistica.

Come avrete notato, nelle due uscite di martedì e mercoledì, ho riservato molta attenzione agli aspetti tecnici, progettuali e relativi ai mezzi che storicamente avevano percorso questo grandioso viaggio tra le nostre Alpi.

 

Tra le opere ho voluto lasciare per quest'ultima parte, quello che reputo un capolavoro di ingegneria ferroviaria davvero particolare.

Non si può negare infatti che nel comune di Brusio il viadotto, unico al mondo e realizzato in pietre, sia una grande perla incastonata nel cuore delle nostre belle Alpi. Attraversarlo sul trenino Rosso è suggestivo, ma anche transitando in auto lo sguardo non può fare a meno di non scorgere un patrimonio nel patrimonio.

Quest'opera, consente alla Ferrovia di guadagnare quota in pochissimo spazio e continuare il suo percorso verso il lago di Poschiavo.

 

FONTE: IL TIRANESE N° 8. OTT, NOV, DIC, 1977. Ricerca di Giancarlo Berandi “Notizie storiche sulla Ferrovia del Bernina. Stampa: Tipografia Bonazzi via Maffei 23100 Sondrio.

Anche la foto di copertina è tratta dalla stessa fonte.

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1 COMMENTI

15 01 2021 10:01

Méngu

Caro Ivan nel tuo ultimo interessante scritto sul “ Trenìn Rùs del Bernina “ citi il famoso ponte elicoidale di Brusio e dici bene “ Quest'opera, consente alla Ferrovia di guadagnare quota in pochissimo spazio e continuare il suo percorso verso il lago di Poschiavo”. Verità tecnica, ma eh, eh, eh, ( sorrisino ) c’è una altra “Verità “che i nostri posteri devono sapere ed è questa che ti allego sotto. Il valzer del Trenino Rosso Tanti e tanti anni fa, giunse a Tirano un Principe arabo con il trenino a vapore della FAV . Sceso dalla carrozza si accorse che il suo bianchissimo abito era tutto macchiato di fuliggine uscita dalla ciminiera della locomotiva, la stessa sorte toccò alle sue tredici consorti e a tutta la delegazione, ma non disse nulla. Amava troppo la Valtellina per lamentarsi e ogni anno, dopo aver soggiornato per tre giorni al Grand Hothel Tirano e aver assaggiato i pizzocheri e il chisciöl cucinati divinamente dal cuoco Méngu, il facoltoso Emiro proseguiva il suo viaggio verso S. Morìtz con la diligenza. Ponendo fede al racconto del Méngu, il Principe arabo in questione amava molto il valzer ed era uno dei motivi per cui si recava in Svizzera e in Austria, dove passava notti intere a volteggiare con sue leggiadre mogli. Il Principe era eccentrico nei modi di fare e aveva una stranezza; quando era seduto, non desiderava girare il capo per guardarsi intorno e se occorreva farlo bisognava girare le cose intorno a lui, fosse magari anche il mondo intero. Inoltre era di una sensibilità eccezionale e se un luogo gli piaceva, provava immenso dolore a lasciarlo e quando lo lasciava doveva salutarlo con la manina come fanno i bambini, inoltre amava gli abiti bianchissimi e detestava la fuliggine delle locomotive. Nel 1907 quando i tecnici svizzeri progettarono la Ferrovia Retica del Bernina tennero in considerazione, ovviamente per non perdere un facoltoso cliente, tutte le eccentricità del Principe arabo. Tennero in considerazione che il principe amava il valzer, tennero in massima considerazione la sua sensibilità, il suo dolore nel lasciare l’Italia quando si recava a S. Moritz, infine decisero che l’abito del Principe e delle sue mogli dovevano rimanere bianco e immacolato per tutto il viaggio. Passarono notti intere a tavolino per risolvere questi quesiti e alla fine ci riuscirono. I bravi tecnici svizzeri progettarono, a pochi chilometri dal confine e a distanza tale che si potesse vedere ancora la vallata italiana, un ponte in pietra, su esili arcate, di forma elicoidale in modo che il treno potesse girare nel suo percorso con un angolo di 360 °e desse la sensazione di volteggiarsi in cielo danzando il valzer. Decisero che la locomotiva dovesse essere a trazione elettrica e non a vapore. Quando nell’estate del 1910 il Principe ritornò in Valtellina, il Méngu lo accompagnò con il suono della fisarmonica fino a S. Morìtz . Raccontò che il Principe seduto sulla prima carrozza, quando giunse a Campocologno pianse nell’abbandonare l’amata Italia ma, come sua consuetudine, non si girò mai verso la frontiera. Pianse a dirotto fino a Brusio, ma quando il treno girò ad anello sul ponte ed ebbe modo di vedere ancora l’Italia e il bel Santuario della Madonna di Tirano sorrise e con la manina ingioiellata salutò felice l’Italia. Il Principe domandò al Méngu cosa fosse successo al treno per aver volteggiato in aria silenzioso coma una libellula e lui gli rispose : “Maestà il treno ha fatto un giro di valzer per voi, per farvi felice e perché Sua Grazia potesse dare l’ultimo saluto all’Italia sporgendo la mano con abito immacolato”. Fu un delirio di gioia per il Principe e il suo seguito ! Da quel momento il treno del Bernina fu famoso nel mondo e lo fu per quel giro di valzer, per il suo incedere quieto e silenzioso tra la bellezza della natura.