Il flacone sepolcrale – CANTO PRIMO
CULTURA E SPETTACOLO - 13 12 2016 -
L’odor del cinnamòmo. L’Angelo del Paradiso. Latte sgorgante dalla roccia. La porta aurea. Canto angelico. Ingresso nel Regno dei Beati. I’ non saprei dir quanti giri attorno alla sua ròta
la sfera turchese avea compiuto
quand’i’ fui in quello Regno
che l’umana posse dice esser de’ Beati. Un odor di cinnamòmo ne esalava
e di tinte soavi era dipinto lo dolce colle ov’i’ giacea.
I’ credo che l’umana lingua atta non sarìa
a dicer ciò che m’apparve.
Ma un lume intenso investì quello Reame
ch’a guisa d’oro parea mutato
sì che giammai diademi né lapislazzuli fuor somiglianti.
Un angelo splendente afferròmmi la mano. Oh Muse, che cullate da flutti divini cantate in Ellicona,
accompagnate col suon della cetra il mio poema solenne
ché le parole verrìeno meno a dipinger esto sogno.
Morbidi panneggi di cobalto scendeano insino ai piedi
e d’oro ricamati.
I’ credo che maggiori fosser le tinte dell’ali sue
di quante i’ ne vidi in sul pian de’ Romagna,
intra città de’ Malatesta e la Venezia che surge sul Delta del Po e fiume Reno
e che Odoacre magnifico e Teodorico puoser a capital de’ regno. M’accompagnò dolcemente insino ad una rocca
donde sgorgava latte purissimo.
“Giammai sulla Terra intingesti le labbra tue in sì preziosa sostanza,
che Callimaco gustò pria che il prodigioso Odisseo
facesse ritorno alla terra de’ padri.
Assapora adunque, ch’essa è all’ambrosia simile
e da bei pomi della Santa Vergine, che generò il Figlio dell’Altissimo, discende”.
Così disse la divina Creatura ed i’ sanza indugio seguii suo consiglio.
Sete non sarìa mai placata da simil liquame;
Onde, ei cominciò “Or vieni, ché esta porta convien che si varchi”. D’ogne pietra preziosa era coronata
Ch’i’ ne rimasi stupido, sì come il pastorel,
quando il ciel su cui Notte stende il suo nero stuolo,
di blu pavone, di verde muschio e di vermiglio si dipinge,
ché l’aere par scosso. Come lo quarzo, nel sembiante duro e di pietrame fatto
e di purpuree gemme entro sparso,
tal parea la vision donde fui scosso.
Ch’io vidi una landa di cristallo e che di ghiaccio parea coperta.
Lo cielo di stelle era cosparso
Ch’i’ non potrei contarle.
La via lattea, che lo carro d’Apollo Fetonte mal governando generò
m’apparve quivi.
Aurea polver discendeva. Novella vision si rese manifesta,
ché creatura alata comparve.
Oh qual maraviglia mi colse quand’i’ vidi che di mirabil fattura eran l’ali sue.
Vengan in aiuto l’antiche Muse
perch’i’ credo che la mia penna più non si muoverebbe
sì leggiadramente sanza loro afflato. Qual lo pavone, quando da timor còlto
mostra sua chioma, tai eran le sue penne disciolte.
Fu allor che s’elevò un coro d’Angeli
ed ei cantaron “Osanna” con voce lieve. “Ad esto Eletto partir si convien, ché più alto officio
gli spetta in su le sempiterne Sfere”.
Sì disse ed intra lo Regno feci ingresso.
CANTO PRIMO
Alessandro Cantoni
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1 COMMENTI
13 12 2016 15:12
Giorgio
Sei semplicemente il migliore!! continua sulla tua strada la passione per quello che fai la si respira grandeee!!