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Il contrabbando, una storia infinita

CULTURA E SPETTACOLO - 25 11 2020 - Ercole Ricci

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Quanto si è detto e si è scritto sul fenomeno del contrabbando. Parlare di questo insidioso fenomeno illecito, spesso sottovalutato nella sua portata, sia per il tessuto sociale che per il sistema economico, significa ripercorrere la storia  di tante persone ma anche quella della Guardia di Finanza di cui ho fatto parte per ben 40 della mia vita.  Quando si parla di contrabbando, si parla di un fenomeno che ha lasciato una traccia indelebile nella storia delle alpi. Un ciclo plurisecolare che vide gli uomini delle zone di confine sfidare la legge ed i rigori della montagna per ottenere guadagni che consentissero loro di godere di migliori condizioni di vita.

 

Protagonisti sono stati gli spalloni, appellativo che in gergo significa "uomini dalle spalle forti" che hanno scritto una storia sempre faticosa, a volte generosa e spesso violenta, e che sono stati annoverati tra i principali attori del contrabbando nei territori alpini. Erano uomini del luogo, che, sfidando la sorveglianza delle guardie dell’una e dell’altra frontiera e scalando sentieri spesso difficili ed impervi di montagna, d’estate e d’inverno, con la neve e di notte, portavano a spalla le loro bricolle.

Un fenomeno che nonostante fosse un’attività illecita, era circondato da un alone di romanticismo, che tendeva ad esaltare le doti di coraggio, forza fisica ed astuzia dei contrabbandieri.

 

Non bisogna dimenticare che la storia del contrabbando non è stata scritta soltanto dalle persone direttamente interessate al traffico illecito: nei territori ove si praticava, l’intera popolazione vi ha partecipato spesso attivamente, fornendo assistenza logistica, aiuti materiali e personali, altre volte passivamente, con condotte conniventi proprie di chi sa ma non parla tanto da far ritenere a molti che il contrabbando fosse diventato un fenomeno sociale.

 

Le vie seguite dai contrabbandieri con la loro “bricolla”, cioè con il sacco portato sulle spalle, erano vie defilate e impervie, che oggi solo alpinisti di piede sicuro sanno affrontare. Era la montagna, infatti la via più sicura quando la Guardia di Finanza controllava gli sbocchi delle valli rendendo impossibile il passaggio delle auto caricate con le bricolle.

 

Era una vita dura, notturna, pericolosa e faticosissima, così come quella di chi ai contrabbandieri dava la caccia, i finanzieri, in gran parte di provenienza meridionale, che nella Guardia di finanza avevano trovato uno stipendio appena dignitoso, le cui sorti erano spesso accomunate a quelle dei contrabbandieri, vittime dei tragici incidenti che spesso si verificavano: assideramenti, cadute accidentali nei precipizi, valanghe.

 

Il contrabbando di confine come quello tra l’Italia e la Svizzera alla fine degli anni sessanta si snodava attraverso una lotta di violenti contrasti tra contrabbandieri e guardie incaricate della sorveglianza, lotta che è stata contrassegnata, per la verità, anche da momenti di buoni rapporti, perché c’era conoscenza dell’altro e piena consapevolezza delle persone che avevano davanti della loro condizione familiare, dei veri motivi per cui uno andava di frodo.

 

I buoni rapporti sono coincisi con i periodi in cui gli spalloni lavoravano per bisogni personali e non per amore esclusivo del denaro e della ricchezza. A volte si instaurava di fatto tra spalloni e guardie di confine una collaborazione per effetto della quale queste ultime fingevano di non vedere o sequestravano soltanto una parte della merce contrabbandata, o il contrabbandiere che mollava il carico per soccorrere il finanziere ferito. Storie vere che fanno riflettere.

 

Ma il Contrabbando più emotivo è stato  durante la seconda guerra mondiale dal ’43 al ’45. di cui si preferisce non parlare. Nacque in questo periodo storico la figura del “passatore contrabbandiere”, una figura molto importante per il ruolo svolto all'espatrio di decine e decine di perseguitati politici o razziali. Si trattava di fuggiaschi di ogni genere: militari, civili, prigionieri evasi, antifascisti, donne, uomini, bambini e  di ebrei, a volte impreparati alle lunghe marce e all'impervietà dei luoghi.

 

Si continuò a far contrabbando fino agli anni 70. Solo pochi irriducibili continuarono a farlo anche negli anni 80. Non furono però i tribunali a decretarne la fine, quanto i contrabbandieri stessi insofferenti verso la malavita nelle cui mani era inevitabilmente finito il contrabbando e il sempre più alto valore del franco-svizzero, decisero di abbandonare con rimpianto quel mestiere vecchio di secoli, ormai non più “conveniente”.

 

Cosa rimane di quel periodo? Sicuramente i ricordi di tante avventure in montagna sia da parte dei contrabbandieri di allora, sia da parte dei militari del Corpo che li contrastavano. A testimonianza di un’epoca, da alcuni definita “romantica”, perché emblema di un’Italia povera e, allo stesso tempo, ingegnosa, rimangono i numerosi sentieri di montagna come il “sentiero del contrabbando e della memoria” nonché i numerosi e a volte epici racconti estratti dalle cronache dell’epoca.

 

Ercole Ricci

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