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GIORNO 6 - "DARKO"

CULTURA E SPETTACOLO - 02 10 2015 -

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SARAJEVO
"Amo gli animali, fanno molto meno male delle persone"
Prima della guerra Sarajevo era la capitale dei matrimoni misti: ebrei, cattolici, ortodossi e mussulmani riuscivano senza tanti problemi a prendere in mano la loro vita e far vincere l'amore su tutto il resto, senza curarsi poi troppo del parere di dio. Incontriamo Darko per caso in un ufficio informazioni la mattina, lo sentiamo discutere nella lingua locale, poi si rivolge a noi in un inglese davvero perfetto finchè non si accorge che siamo italiani. "Ah, ma siete italiani porca troia!". Da quel momento la situazione cambia ed anche il nostro viaggio, la nostra conoscenza di Sarajevo ne guadagnerà incredibilmente, già, perchè la lingua madre di Darko è proprio l'italiano.
Nato a Zenica nel 1990, cresce in italia, dalle parti di Torino. Con lui il fratello e la madre che devono scappare in italia proprio quando nel 1991 inizia la guerra serbo-croata. Il padre rimane in Bosnia, ed essendo cattolico, viene mandato a combattere con i croati, ma si rifiuta di sparare sui mussulmani perché la metà della sua famiglia è di etnia bosgnacca. Infatti il padre di Darko, figlio a sua volta di un matrimonio misto tra cattolico ed un'ortodossa, ha una moglie mussulmana, ad unirli ancor di più, la fede nel comunismo. Tito è visto molto bene, principalmente in virtù della sua capacità di far collaborare le varie etnie per lo sviluppo del grande stato degli slavi del sud, ad esempio attraverso la costruzione di una linea ferroviaria che attraversava completamente la Bosnia da nord a sud, 330 km di via ferrata costruiti in sole due settimane, migliaia di famiglie che poterono campare attraverso lavori come quello, inclusa quella di Darko, visto che la madre, ha lavorato proprio lì.
Oggi invece le cose paiono essere molto diverse con un tasso di disoccupazione che arriva al 50/60%, Darko dice che è anche colpa della mentalità, spiega che i bosniaci godono a lamentarsi, ma che quando gli dai un lavoro si tirano indietro e smettono dopo poco perchè sono pigri, lui non ama per niente questo modo di approcciarsi alla vita, ama il suo paese e ogni sua parola trasuda amore ed attaccamento a Sarajevo, ma non ha intenzione di morire per colpa dei giochi politici di qualcun altro, se dovesse scoppiare una nuova guerra se ne andrebbe per non tornare mai più. A parte i ragazzi della sua band, non ha molti rapporti con i coetanei bosniaci, preferisce incontrare gente proveniente da diverse parti del mondo, per fortuna il suo lavoro, o per meglio dire, uno dei suoi lavori, glielo permette, Darko è una guida turistica, ma anche una sorta di insegnante di fitness che, se ho capito bene, lavora coi bambini, ed è anche un batterista, certo non è uno che sta con le mani in mano ad attendere che il futuro gli piova dal cielo, non se lo può permettere.
"Il 98% delle persone in Bosnia fuma, il 2% ha smesso l'anno scorso", così si spiega l'importanza che durante l'assedio della città, il più lungo della storia moderna con i suoi quasi quattro anni, avevano le sigarette. "Con una Marlboro ad esempio potevi farti tagliare i capelli" Darko inizia la parte della visita al Tunnel, la vera salvezza di Sarajevo, che passava sotto l'aeroporto attraverso il quale riuscirono ad aggirare l'embargo internazionale rifornendosi di munizioni e cibo. È primo pomeriggio, abbiamo deciso di fare questo tour per poter parlare un po' con Darko, con noi Robert, un ragazzo americano di St. Louis,' Missouri. Robert lavora a Zagabria ed è venuto a Sarajevo da solo, vuole conoscere la città, è piuttosto tondo e non molto perparato storicamente, ignora gran parte dei fatti e delle cause, mi sembra un classico americano, si lamenta del fumo di sigaretta, ma quando ci fermiamo in una bar alla fortezza gialla, da cui si domina Sarajevo, si beve 4 bottigliette di bibita dolce. E chissà quanti hamburger per cena. L'apice delle sue domande a cazzo di cane lo raggiungiamo quando, guardando un telone con la faccia del Papa dentro lo stadio olimpico, Robert chiede come mai il Papa sia venuto a Sarajevo a parlare di calcio. Darko se la ride di gusto e ci racconta di quando un americano durante una visita gli si avvicina per dirgli, "Sì, ok l'assedio eccetera, ma mi sto annoiando, portami in spiaggia". "Ma hai idea di dove cazzo sei nel mondo?".
Ce la ridiamo un po' alla faccia di quei caproni a stelle e strisce che credono di avere in tasca il mondo e si spaventano quando canta un muezzin. Già, Robert ne ignorava completamente l'esistenza. Comunque era tenero, con le guanciotte da Winnie the pooh, ma tutto lì.
Le rose di Sarajevo non profumano e non appassiscono mai. Le rose di Sarajevo, non le conservi in un bicchier d'acqua, non le doni alla tua ragazza. Ma come quelle di qualsiasi altra città del mondo le trovi per la strada. Le rose di Sarajevo le trovi per terra, un po' ovunque, mentre cammini.
Le rose di Sarajevo sono i buchi lasciati dalle bombe, sono stati riempiti di vernice rossa cosicchè sia impossibile non vederle. Cosicchè sia impossibile dimenticare. Mentre camminiamo per il cimitero ebraico più grande d'Europa, Darko ci racconta che durante l'assedio piovevano in media circa 320 bombe al giorno, con un picco, il 22 luglio 1993, di 3777. Tutto in un solo fottutissimo giorno, bella la vita a Sarajevo città. Guardiamo la città dal punto in cui i Serbi sparavano coni l'artiglieria pesante, siamo davvero vicinissimi al centro città possiamo tranquillamente distinguere il sesso delle persone che camminano per il vialone centrale, quello che non a caso è stato soprannominato il viale dei cecchini. Piuttosto sconvolto da questi racconti, Robert resta due passi dietro di noi, resta sull'asfalto, ha paura delle mine e non vuole venire avanti, Darko lo rassicura, ma ci sconsiglia vivamente di andare in montagna da soli attorno alla città e anche un po' per tutta la Bosnia, "Pazi mine!".
Quando si annoiavano, i soldati serbi sparavano ai cani randagi, ma solo quando non c'erano persone per la strada. Un ottimo bersaglio erano i bambini, ne hanno uccisi 1600 solo in questa città, perchè colpito un bambino sarebbe di certo arrivato un adulto in suo soccorso e allora sì che il tiro al bersaglio sarebbe stato fruttuoso. Darko ci racconta che durante l'assedio si poteva pagare per ricevere un fucile ed unirsi ai serbi "Ci sparavano addosso prorio come in un cazzo di safari". Ci racconta la vicenda di una ragazza ucraina che giunse a Sarajevo appositamente per poter sparare sulla gente.
Questa volta non ho le parole adatte per descrivervi i nostri pensieri, gli stati d'animo, preferisco riportarvi i racconti di questi giorni così come sono arrivati alle nostre orecchie, devastanti. Il nostro giro in macchina per la città si conclude verso sera, ma non prima di incontrare un posto di blocco della polizia serba, già, perchè Sarajevo è divisa, oltre l'aeroporto, siamo in repubblia Sprska, la stessa di cui vi ho già parlato nel post su Doboj, altra entità statuale. Ci fanno accostare, ma mentre Darko al volante si dispera, quelli ci fanno segno di passare e ci lasciano proseguire. Che gran botta di culo. Probabilmente ci avrebbero trovato qualcosa, qualcosa alla macchina magari e avrebbero chiesto di pagare, a quel punto, dopo che hai pagato loro, a costo di accompagnarti al bancomat, ti lasciano andare. Robert impietrito continua a chiedermi:"What's going on?" "What's going on?" "What's going on?" "Shut up man!". Poi mi son pentito, povero il mio winnie the pooh.
La sera usciamo con Darko, a fare un po' di festa, come dice lui da vero piemontese, ah, non vi ho detto che era sabato ed era anche il suo giorno libero, ma Darko è così, intraprendenza allo stato puro ed un sacco di voglia di sbattersi. Anche mentre la sera camminiamo attraverso la città con lui e la sua amica tedesca Megan, Darko non smette di parlarci di Sarajevo, e mentre arriviamo verso il locale, dove si terrà una festa anni '90, ci mostra palazzi, strade, ponti e chi più ne ha più ne metta. Quando entriamo scopriamo di essere proprio in mezzo a centinaia di ragazzi bosniaci di tutte le etnie, solo un 5% di turisti come noi, Darko mi mostra il ragazzo che spilla le birre, super tatuato, è serbo. Si balla all'aperto tra due case, i segni dei proiettili sui muri, cicatrici indelebili di un passato troppo ingombrante per lasciare spazio al futuro, non possono far altro che arrendersi, per stasera sotto il cielo di Sarajevo sarà soltanto festa.
Tanta è la passione che lega Darko alla sua città e di conseguenza al suo lavoro, per noi incontrarlo è stato come vincere alla lotteria. Persone così rendono il mondo un posto migliore, ovunque si trovino, ma qui in Bosnia ancor di più, paiono essere l'unica via di salvezza per un intero paese.
Grazie.

DIARIO BALCANICO di L. Cometti GIORNO 0 – “Piccola premessa doverosa” GIORNO 1 – “Cosa andate a fare a Belgrado?” GIORNO 2 – “Gli scarafaggi muoiono sulla schiena” GIORNO 3 – “Le anime di Vukovar” GIORNO 4 – “La resa di Doboj” GIORNO 5 – “Leila Thirtyfour” GIORNO 6 – “Darko” GIORNO 7 – “Dove la logica si arrende, la Bosnia comincia, Aisha” GIORNO 8 – “Le bandiere” GIORNO 9 – “Viaggio in Republica Srpska” GIORNO 10 – “Decompressione”

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