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Il vaccino e il Morelli

CRONACA - 04 01 2021 - Ivan Bormolini

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(Di I. Bormolini) Nel mio ultimo editoriale di auguri di buon anno ho toccato diversi argomenti nati da miei personali pensieri o opinioni derivanti dell'anno che abbiamo vissuto. Tra questi ho sfiorato due temi caldi, ovvero la somministrazione del vaccino e le vicende inerenti al riassetto della nostra Sanità di Montagna che passa per forza dalla questione dell'ospedale Morelli.

 

Il primo giorno dell'anno, una signora incontrata nei pressi della mia abitazione, facendomi gli auguri, nel discorrere sulla pandemia ha citato anche queste due questioni.

Nel suo modo di vedere le cose la campagna vaccinale in Italia sarà un fallimento, per mancanza di dosi sufficienti e per scarsità di siringhe. Insomma la festa battezzata vax day, era solo una messa in scena. In riguardo al Morelli mi sono sentito dire a cosa servisse ancora oggi quest'ospedale dopo anni di lenta agonia.

Premetto che ognuno ha libertà di pensiero e di parola, io normalmente sono portato ad ascoltare l'opinione di tutti ed a confrontarmi ma in questo caso ho tagliato molto corto, ho solo chiesto alla mia interlocutrice se quando sarà il tempo, lei si vaccinerà. Risposta: “Non lo so, ho molti dubbi inerenti all'efficacia, alle possibili conseguenze e alle reali capacità di mantenere in moto una così ampia macchina”. Le ho chiesto infine di pensare cosa sarebbe successo in valle durante la pandemia senza il Morelli. Anche qui la risposta è stata piuttosto secca: “Avrebbero trovato altre soluzioni”.

 

Mentre scrivo, ripensando a quel discorso, rifletto sul dibattito riguardante l'obbligatorietà o meno di sottoporre tutti gli italiani alla vaccinazione. Non voglio entrare nel merito di questa delicata tematica e nemmeno nella miriade di polemiche nate a seguito del vax day. Non sta a me giudicare quante dosi toccheranno al nostro paese e quante ad altri, dico solamente che non si cada in errori che potrebbero rallentare o pregiudicare seriamente questo fondamentale percorso.

Ho visto infatti nel vax day, anche a livello locale, una giusta e seria determinazione a proseguire con calendari predefiniti ad una campagna vaccinale che segnerà una svolta storica.

La vittoria della ricerca e della scienza contro una pandemia che ci ha segnato e che è tutt'oggi in corso la considero come l'inizio di un nuovo cammino. Occorrerà del tempo per raggiungere il traguardo della normalità, ma ho completa fiducia nel vaccino, nella sua efficacia e sinceramente non temo più di tanto l'insorgere di sintomi di qualsiasi natura dovuti alla sua somministrazione. Ho ancora paura di contrarre il Covid-19 nonostante cerchi di mantenere comportamenti adeguati e rispetto delle regole, per questo quando verrà il mio turno certo non mi tirerò indietro.

 

Credo che il vaccinarsi sia una questione di coscienza atta a tutelarci a vicenda ed identifico in questa adesione anche una volontà nel contribuire a riprendere in mano la nostra vita e cominciare a ricostruire il futuro.

Già, perché il Covid-19, ha messo a nudo e reso altamente vulnerabili molte di quelle che credevamo delle certezze, traguardi conquistati e ritenuti intoccabili o incrollabili. Il virus ci ha colpiti in modo massiccio e nella sua elevata contagiosità ha messo in grande difficoltà la sanità, ha mietuto vittime, ha modificato la nostra quotidianità ed ha scardinato l'economia facendola deragliare da binari che ancor prima della pandemia, non erano poi ancora così paralleli.

In merito alla questione del Morelli, desidero ancora una volta dedicare qualche parola e delle riflessioni: durante la prima ondata della pandemia e già dagli inizi di questa seconda abbiamo visto e sentito un grande flusso di ambulanze correre verso Sondalo con a bordo pazienti contagiati dal Covid-19. Nel giro di brevissimo tempo il Morelli si è trasformato, grazie anche alle grandi capacità di tutto il personale, in ospedale Covid. Pensando alle parole della signora citata, sono sempre più convinto che avere tra le nostre valli una risorsa come il presidio di Sondalo sia stato anche in questo caso determinante. Quali sarebbero potute essere le altre soluzioni individuabili senza questi storici padiglioni?

 

La risposta è presto data: i pazienti affetti dal virus, sarebbero stati trasferiti in altri ospedali fuori provincia o magari addirittura fuori regione. Mi rimane infatti impensabile credere che il solo ospedale di Sondrio, abbia potuto farsi carico anche di questo elevato numero di contagiati oltre che gestire il resto delle attività sanitarie. Dal punto di vista umano, va detto che si sarebbe venuto a creare un distacco ancor più lacerante tra i ricoverati ed i loro famigliari. Il solo fatto di non poterli vedere ma di saperli comunque in un ambiente che possiamo definire famigliare, è stato e rimane un fattore importante, nonostante le grandi preoccupazioni legate all'estrema gravità generata da questo nuovo e subdolo virus.

Proprio in questi giorni a cavallo tra la fine dell'anno e l'inizio del nuovo, il dibattito sulla sanità provinciale è tornato nel vivo e per forza di cose ha toccato anche il presidio di Sondalo.

Ho letto alcune dichiarazioni di personaggi che sono parte integrante in questa delicatissima partita, nello stesso tempo ho seguito anche il dibattito su Facebook inerente ad alcuni post pubblicati.

 

Ancora una volta rimango fermo sulle mie idee ed approvo tutte quelle battaglie mirate a ridare al Morelli il suo valore centrale in un contesto come il nostro dove la sanità pubblica non può in alcun modo essere paragonata ai numeri, alle regole ed a tutti quei canoni anche economici applicati in altri contesti urbani.

Questa pandemia fondamentalmente ha messo dunque in forte evidenza la centralità del Morelli e in quelle che saranno le future decisioni tutto questo va preso in seria considerazione.

Con il Morelli quasi interamente incentrato nella cura dei pazienti Covid, si è notato chiaramente come l'ospedale di Sondrio non possa farsi carico di tutto il resto delle altre patologie, emergenze ed urgenze che colpiscono la nostra popolazione. Nei mesi passati si è parlato di sovraffollamento, di lunghe file d'attesa al Pronto Soccorso e di un rimandare ad altra data visite ed esami diagnostici di vario tipo.

Tutto questo, non è per colpa del personale che lavora presso il presidio di Sondrio, è infatti chiaro come anche a livello nazionale, si sia venuta a generare una sorta di emergenza nell'emergenza che ha visto mettere in atto una corsa contro il tempo per riorganizzare la sanità che nel corso del tempo è stata privata di importanti risorse.

 

Da queste constatazioni a mio parere emerge come si debba abbandonare in modo definitivo la visione “sondriocentrica” della nostra sanità. Non è infatti pensabile e sono stati gli eventi a darne dimostrazione, continuare a discutere su un polo unico sondriese o di un ospedale nuovo nel capoluogo di provincia.

Scevro da ogni forma di campanilismo, ritengo che non vi possa essere in alcun modo un riassetto della Sanità di Montagna, privato anche solo in parte delle specialità dell'ospedale Morelli.

In un territorio come il nostro, montano, vasto e con percorsi stradali non certo idilliaci, è fondamentale incentrare l'attenzione sui due principali poli ospedalieri e nello stesso tutelare tutto il resto della rete sanitaria locale.

Il presidio di Sondrio deve continuare ad erogare le sue eccellenze che sono attive e rodate tra i suoi reparti, per il Morelli, si deve lavorare in un'ottica atta a ripristinare tutte le specialità e nessuna esclusa, pienamente operative prima della pandemia.

 

Se si mettono sul piatto dei finanziamenti regionali, questi devono essere investiti non solo per potenziare il presidio di Sondrio, ma anche per dare un futuro definitivamente certo a quei reparti nati e sviluppatisi a Sondalo nel corso dei decenni.

Se così non fosse, un ampio bacino d'utenza che ha sempre trovato nel Morelli delle esaustive risposte, incapperebbe in enormi difficoltà e la sanità pubblica col tempo perderebbe un tassello vitale.

A pagare lo scotto di tutto questo non sarebbe solo la nostra gente ma anche le ampie presenze turistiche che stagionalmente popolano l'alta valle ed altri comprensori che hanno sempre fatto affidamento alla piena operatività del Morelli. Direi che oltre ad un danno sanitario si verrebbe a generare un danno d'immagine per la macchina turistica del territorio ed anche per l'organizzazione di eventi sportivi di valenza nazionale ed internazionale.

 

Saranno queste mie riflessioni una pura utopia? Spero vivamente di no, di errori se ne sono commessi, alcune promesse tanto blasonate non sono state mantenute, ma si può tornare indietro, discutere seriamente e farsi carico delle reali istanze che tanti valtellinesi chiedono a gran voce, ovvero un ospedale Morelli pienamente operativo e non minacciato o privato nella sua funzionalità.

Se così non fosse vedo solo una soluzione, quella dell'autonomia che ricalchi molti dei concetti gestionali che il compianto Luigi Mescia con altri illustri collaboratori aveva messo nero su bianco alcuni anni fa, ma che ancor oggi se rivisti sono più che mai attuali.  

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