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IL COVIEDITORIALE: La sottovalutazione figlia dell'ignoranza

CRONACA - 19 10 2020 - Ivan Bormolini

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Vivere e subire il Covid

(Di I. Bormolini) Durante il periodo del lockdown, nella mia prima serie di quelli che ho battezzato “covieditoriali”, vi avevo parlato di un anziano che fuori da un supermercato tiranese con forza e vigore, aveva detto che non lo aveva ucciso nemmeno la guerra figuriamoci se poteva nuocergli il Covid-19.

Purtroppo oggi, a distanza di pochi mesi, come già ampiamente preventivato, la seconda ondata di Coronavirus sta tornando a far paura e ci fa rimettere in atto quella serie di pochi ma utilissimi comportamenti mirati a salvaguardarci e tutelare gli altri. L'uso obbligatorio della mascherina anche all'esterno, non è certamente una volontà del Governo o del Premier Conte al fine di complicarci la vita e nemmeno lo sono i continui moniti a rispettare le distanze tra persone, lavarsi spesso le mani usare il disinfettante e scaricare l' App Immuni.

Tutto serve per cercare di contenere il più possibile la nuova impennata di contagio e se ben ci pensiamo a scongiurare un eventuale nuovo lockdown. Questo, avrebbe aspetti terribili per la salute e la sopravvivenza delle persone, per i medici ed infermieri in prima linea, comporterebbe ulteriori, incalcolabili e irrecuperabili danni economici che si tradurrebbero nella definitiva fine di molte realtà produttive già seriamente messe in scacco dalla prima ondata pandemica.

Ecco dunque che senza troppe lamentele o ancor peggio prese di posizioni legate alle assurde logiche del negazionismo, dobbiamo nuovamente e necessariamente tornare ad essere cultori di uno stile di vita a cui dopo il famoso quattro maggio, giorno che ci ha fatto tornare ad una parvenza di maggior libertà, abbiamo un pò scordato.

Dico tutto questo e torno a scriverlo a chiare lettere per vari motivi: durante il periodo di distanziamento sociale, per dovere di informazione, ma soprattutto per la volontà di rimarcare la grande ed incalcolabile pericolosità di questo nemico nuovo, subdolo ed invisibile non mi ero mai sottratto dal ribadire l'importanza della possibile prevenzione evidenziando tutta una serie di comportamenti virtuosi da mettere in atto nella vita di tutti i giorni.

Per farlo e mettere nero su bianco le terribili esperienze dei pazienti affetti dal Covid, avevo intervistato il dottor Francesco Inzirillo, divenuto volto famoso e famigliare oltre che per la sua professionalità nel salvare i contagiati, anche per la stesura quasi quotidiana del suo Covidiario.

Pochi giorni dopo la pubblicazione di quell'esaustiva intervista, intrisa anche di emozioni personali vissute in quei drammatici momenti, avevo chiamato in causa la dottoressa Chiara Rebucci, tiranese e responsabile dei reparti Covid al Morelli di Sondalo.

Anche la dottoressa Rebucci, che come Inzirillo ed altri medici ed infermieri, si era trovata catapultata in quella che era ed è una nuova guerra, ci aveva narrato la sua esperienza analizzando anche i primi passi avanti della scienza medica nella lotta contro la pandemia.

Rileggendo oggi quelle interviste, mi viene da dire che quelle parole sono ancora “di moda”, semplicemente perché dobbiamo levarci dal pensiero, spesso pericolosamente comune, che il nemico si sia indebolito o ancor peggio vinto.

In fondo, per capire il contrario, basta guardare al resto del mondo e d' Europa ed ancor meglio è fattuale analizzare i dati di casa nostra che più o meno marcatamente, da regione in regione, paventano evidentissimi segnali di allerta per nulla da sottovalutare o prendere sotto gamba.

Ma eccomi a me, alle mie abitudini quotidiane, una routine che mi appartiene quando sono libero dai turni di lavoro; il tutto è fatto di cose semplici di cui vi ho spesso parlato, un giro mattutino dal fornaio, un salto in edicola per il quotidiano e quando il pacchetto di bionde scarseggia, una tappa dal tabaccaio.

Sono tutti questi ambienti in cui incontri persone, magari ci fai pure due parole, ma spesso queste attività, sono luogo in cui tastare il polso della situazione e quindi capire cosa pensa la gente.

Una di queste mattine, durante il mio piccolo pellegrinaggio, sono giunto in edicola,

Uscito un cliente, sono entrato visto che si può accedere in due alla volta, davanti a me vi era un avventore sulla settantina con la mascherina appesa all'orecchio destro, mi precedeva di pochi passi.

Subito l'edicolante, con giusta e doverosa ragione, ha intimato, senza troppe mezze misure di indossare correttamente la mascherina.

Ed eccolo il siparietto, nemmeno lontanamente degno di una scena teatrale: anch'io ho notato il fatto e sentendo il monito comunque disciplinato ed educato richiamante al rispetto delle regole, ho osservato il signore che con sguardo di disappunto si è decentemente vestito con quell'abito di cui non possiamo fare a meno.

Facendo finta di nulla, con la mia mascherina in volto ho percepito la volontà tipica del

piantagrane, o di quel so tutto io ed ho ragione solo io, quindi dallo sguardo, come prevedevo nel giro di pochi attimi sono arrivate anche le parole.

Ora, io non so se quell'uomo mi conosce, lo incontro casualmente, non so nemmeno se sia un lettore di questo giornale, ma quest'ultimo aspetto poco mi importa, anzi non mi tange per nulla, al contrario spero possa ravvedersi nelle sue idee che giudico distorte e figlie di una pellegrina ignoranza mista ad arroganza che campeggia nel suo modo di vivere.

 

Vi traduco la sua breve e saccente omelia dal dialetto tiranese:

“Adesso siamo al paradosso, che male può fare indossare o meno correttamente la mascherina, stanno nuovamente tentando di mettere a ferro e fuoco il paese, è la politica che ci disegna addosso l'allarme, il Covid non è più quello di mesi fa. Vogliono solo intimarci questo per prorogare lo stato di emergenza e farsi i fatti loro... Arrivederci”.

Udendo quelle parole mi è assalita la frenesia, volevo controbattere ma ho preferito stare zitto e attendere il mio imminente turno.

 

Rispondo da questo covieditoriale al signore:

“Gentile concittadino, Lei può avere la sua ideologia politica e nessuno è qui per criticarla, non sono certo io a farla dissuadere da un pensiero che è evidentemente radicato nel suo modo di vivere e pensare, le voglio comunque ricordare che la mascherina negli ambienti chiusi e quindi anche in qualsiasi tipo di servizio commerciale è sembra stata obbligatoria.

Ma vede, oltre a questo esiste un insieme di parole, termini e gesti che sono divenuti parte del nostro vocabolario e del nostro vivere quotidiano. Ci si sono incollate addosso come una divisa o come un imperativo atto a tutelarci, assieme a poche basilari regole che evidentemente Lei tende a sottovalutare o non rispettare per nulla.

Potrà pure ignorarle, fingere di portare maldestramente una mascherina, ma si ricordi che il suo comportamento è lesivo per la sua salute e per quella degli altri.

Io non sono un medico, un virologo o un infettivologo, non sono nemmeno un politico, mi riservo il piacere di essere un semplice scrivano, non giornalista ma semplicemente un redattore.

Mi ha stupito e inorridito il suo parlare che è figlio senza dubbio alcuno, di una pratica di vita che non nuoce solo la sua persona, ma purtroppo potrebbe interessare me a tanti altri.

Mi perdoni la schietta franchezza, io credo che nessuno prima ed oggi, abbia o stia tentando di mettere a ferro e fuoco l'Italia. Sono convinto che nei periodi del picco pandemico, l'unica soluzione possibile al fine di tentare di arginare la diffusione del Covid, sia proprio stata quella adottata da chi ci governa. Sarà pur vero caro signore che degli errori sono stati commessi, ma questi possono essere catalogati come inevitabili al cospetto di un virus altamente contagioso, improvviso e letale.

Ora mi permetta di dirle, che la mascherina appesa ad un orecchio non serve a nulla, non serve nemmeno indossarla lasciando libero il naso. Francamente anche dopo il quattro maggio, ho sempre cercato di mantenere comportamenti e abitudini mirate a preservare la mia incolumità, quella dei miei congiunti, dei miei colleghi e di tutte le persone con le quali nell'arco del tempo vengo in contatto, nello stesso tempo, pretendo ed esigo che altri facciano lo stesso.

La lascio con un fatto che mi ha toccato molto da vicino e spero possa farla riflettere: una mia stretta conoscenza, persona attivissima nella sua quotidianità, durante il finire del lockdown, ha avuto episodi di febbre pur avendo nel complesso un quadro clinico del tutto positivo, quindi senza patologie in atto che potessero far temere il peggio.

Ebbene sono stati messi in moto tutti i protocolli del caso, risultata positiva al tampone è stata ricoverata, ma le ripeto nulla poteva lasciar pensare ad un drammatico epilogo. Eppure tutto questo è avvenuto, ed ora riposa nel camposanto.

Rimane ancor oggi, a distanza di qualche mese, il fatto di capire come abbia contratto il Covid, visto che ha sempre rispettato le norme, eppure e successo l'irreparabile. Una disattenzione, una svista, oppure il trovarsi al cospetto di uno come lei, refrattario, insensibile e tendenzialmente davvero poco... Poco tutto!

Spero che questa storia, se leggerà questo mio scritto e si riconoscerà nella mia descrizione, possa invitarla a pensare, a rispettare se stesso e gli altri.

Per l'immagine di copertina, ne ho scelto una che avevo già pubblicato con l'approvazione del dottor Inzirillo e tratta dal suo Covidiario.

La prego di guardala bene, ovviamente è esente da quell'aria fornita che è vita , è scevra da suoni poco sopportabili. Forse è lontana, dal ritmico movimento di una valvola meccanica che garantisce il respiro. Provi a pensarci... Le auguro una buona vita.

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