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"Comitato pro Morelli, discutibile nei contenuti ed equivoco nel metodo"

CRONACA - 28 09 2020 - Silvano Marini

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Egregio direttore, sono tante le domande che cercano una risposta su quello che sta accadendo alla sanità ospedaliera in Valtellina. Le domande - sempre legittime- quando sono costruttive servono a fare riflettere chi deve prendere decisioni importanti per la nostra salute. Una domanda che tanti si fanno è su tre argomenti.

1) La Sanità di Montagna cosa è.

2) Comitati scientifici medico/legali pro Morelli cosa vuole ottenere.

3) la politica locale che potere ha nell’ambito sanitario

 

Primo argomento: sanità di montagna. Ritengo sia stato un errore concettuale attribuire alla ATS della Montagna una identificazione solo orografica ( montagna ) e non di area geografica come le altre ATS lombarde: Insubria, Brianza e Val Padana ecc., presupposto del malinteso che la sanita ospedaliera montana abbia delle caratteristiche diverse dal resto della Lombardia. Da diversi anni in Valtellina come nel resto d’Italia l’offerta e domanda ospedaliera del quasi-mercato della sanità non ha più una dimensione solo locale. Il paziente/utente nei tanti siti web ospedalieri può trovare tutte le informazioni, diagnostico e/o terapeutiche necessarie per le cure o ricoveri extra provinciali. Con la sanità di montagna in Valtellina si è pensato a una offerta sanitaria ospedaliera del secolo scorso, fondata sul numero dei posti letto da accreditare ad ogni ospedale, senza tenere conto che la mobilita passiva ha alterato il rapporto abitanti/posti letto . Da quando anche il cd. ideal-tipo di montagna valtellinese si è messo a navigare sulla rete informatica , lo scenario è cambiato . Infatti l’ammalato prima di farsi curare nell’ ospedale di vicinato per patologie medico/chirurgiche differibili nel tempo, si informa sulla rete, va alla ricerca dell’eccellenza. Eccellenza, termine entrato nel vocabolario della sanità di montagna solo da poco. In Valtellina purtroppo è asimmetrica l’informazione sull’ eccellenza. Chi non è addentro all’ ospedale può reperire informazioni sull’ eccellenza solo con il passaparola, viceversa per gli addetti ai lavori e loro affini l’informazione è diretta. L’oscurantismo informativo che non pubblicizza le sue eccellenze (quando ci sono) lascia spazio al quasi-mercato delle strutture ospedaliere convenzionate dell’hub sanitario milanese. Non sappiamo se ci sono ospedali valtellinesi inseriti dal S.S.N nel Programma Nazionale Esiti: lo strumento che consente una valutazione comparativa di esito - post cura- fra diversi ospedali ed anche gli standard qualitativi, strutturali e tecnologici dell’attività ospedaliera. La letteratura medico-scientifica ci dice che la qualità si raggiunge solo sopra una certa soglia di attività cliniche, se sotto, il rischio che il paziente abbia complicazioni aumenta. E’ il medico che apprende dall’ammalato, più le specialità sono alte maggiore deve essere la casistica trattata, ma con la sanità di montagna non tutti i medici la pensano così . In Valtellina credo che vada riequilibrato su un territorio che va da Livigno a Madesimo il rapporto cronicità /acuzie in ambito ospedaliero per aumentare le potenzialità in ogni presidio sanitario in particolare quelle diagnostiche e preventive. Se è difficile reperire medici è perché il quasi-mercato sanitario in Valtellina ha esigui bacini di utenza per singoli presidi ospedalieri, non attraenti su tanti profili , professionali, logistici ed economici, è desolante credere che un medico si lasci lusingare da un contributo di cinquemila euro annuo, o dal comodato d’uso di un alloggio per venire da noi.

 

Secondo argomento: comitato pro Morelli. Il contro piano del comitato pro Morelli, discutibile nei contenuti è equivoco nel metodo, si è passati dalla chiamata alle armi via social-media al supporto di consulenti scientifici, medico/sanitari e legali, alla ricerca del “casus-belli” da portare in tribunale; oggi in emergenza covid-19 è come sparare sulla croce rossa. E’ controproducente sollecitare i valtellinesi dell’Alta Valle a presentare in procura esposti/denunce. E’ lesivo per lo stesso ospedale Morelli l’auspicio che l’azione penale ( che non è discrezionale) amministrativa e contabile si attivi, l’ azione sollecitata da dossier preparati ad hoc dal pool di avvocati coordinati da un ex magistrato inquirente, con lo scopo di intimorire i rappresentanti legali degli Enti che tutelano la salute . Dispiace dirlo ma è così ! La medicina sta velocemente cambiando volto e l’organizzazione sanitaria fatica a stare al passo per causa di forza maggiore: onerosa innovazione tecnologica , riqualificazione edilizia, standard europei da rispettare ecc… e non ultima la cronicità in una popolazione sempre più anziana. Ogni cambiamento porta con se resistenza da parte di chi lo vede come un declassamento, mentre cambiando prospettiva diventa una opportunità, senza adire per vie legali ma per interagire per costruire, nell’ interesse di una comunità. Il comitato pro Morelli percorrendo la via legale otterrà l’effetto contrario all’ obbiettivo che si era prefissato. E’ risaputo che la cosiddetta medicina difensiva praticata dai medici serve a tutelarsi da eventuali chiamate in giudizio. Nei pronto soccorso con (Dipartimento Emergenza Accettazione DEA) di primo e secondo livello le Unita Operative specialistiche devono coordinarsi per accettare << Accettazione>> il paziente, consapevoli del fatto che in scienza e coscienza le U.O abbiano le capacità professionali, strumentali e organizzative adeguate per trattare il caso in emergenza/urgenza (infarto, ictus o politrauma ecc… ). Quando mancano specialisti H 24 declassare un DEA ospedaliero da secondo livello a primo significa non depauperare come sostiene il comitato, ma tutelare il paziente da rischi, ed i medici e l’ospedale dalla responsabilità civile risarcitoria anche per procedure organizzative inappropriate. Su questo argomento il comitato pro Morelli una riflessione dovrebbe farla.

 

Terzo argomento: la politica locale che potere ha. Nell’ambito sanitario la politica locale con la conferenza dei sindaci ha un potere - solo sulla carta- di indirizzo, controllo e programmazione all‘ombra del campanile, ma è fuori discussione il fatto che sia il centralismo regionale a governare di buon diritto la sanità . Alla fine tutto ruota attorno a bilanci e ripartizioni ponderate di risorse, e che il paziente/utente nel quasi-mercato della sanità porta con sé il suo finanziamento dovunque vada. Ma se l’ottanta per cento dell’offerta sanitaria del quasi-mercato in Lombardia si trova in un raggio di cinquanta chilometri dall’ hub ospedaliero milanese. Ma se l’ottanta percento del bilancio della Regione serve a finanziare la sanità. Ma se su ottanta seggi in consiglio regionale la Provincia di Sondrio ha diritto a occuparne solo uno. Domandiamoci se un progetto di riordino condiviso anche da tutti i settantasette sindaci valtellinesi può influire sulle decisioni prese in Regione Lombardia. In conclusione, ancora oggi è valido l’enunciato darwiniano: <<non è chi fa la voce più grossa che sopravvive, ma chi si adatta prima ai cambiamenti >> chi non lo comprende non sopravvive.

 

Silvano Marini

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